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PROVERBI DEL MONDO CONTADINO E DEI SANTI

 

Sono innumerevoli i detti e i proverbi per ogni giorno dell'anno legati ai santi e al lunario contadino.
Spesso sacro e profano si amalgamano nella tradizione orale, riti pagani e cristianesimo si intrecciano nella cultura popolare. Un chiaro ed esaustivo esempio lo troviamo nei proverbi della tradizione popolare contadina.
Il valore sacro attribuito agli elementi naturali come il sole, le fasi lunarie, l'aria, l'acqua, il fuoco sostengono credenze molto radicate nella religione popolare. Alla ritualità agraria si devono aggiungere le devozioni ai santi ai quali si ricorreva per i propri bisogni materiali; Sant'Antonio e San Bovo proteggono la stalla, San Biagio la salute, Sant'Anna le partorienti, etc.
A loro ci si rivolgeva con la stessa frequenza e fiducia cui oggi si ricorre al medico, ai maghi o a internet.
Il lavoro della terra è soggetto all'influsso metereologico e al ciclo stagionale tanto da spingere l'uomo a rapportarsi con le forze benefiche e malefiche della natura con un atteggiamento di paura e di speranza.
I proverbi con la loro carica di sapienza del mondo contadino ad alcuni possono apparire sorpassati e inutili. Eppure conservano un grande valore culturale e delle grandi verità.
Chi si accosta a leggere ed ascoltare le nostre pagine ed i proverbi in esse riportate vede trapelare varie esperienze, diverse osservazioni che emergono da un coro di voci, la memoria di varie generazioni fatto a distanza di anni, una riflessione continua sui fatti della vita e sui mutamenti del tempo.
I proverbi no iè fati par gnente, esprimono l'esperienza secolare del popolo. No gh'è proverbio al mondo che nol sia provà ossia che non sia passato al vaglio di più persone prima di essere sentenziato. Par far un proverbio ghe vol sent'ani.
Ma anche
on deto popolare l'è on aviso salutare ossia un avviso da non trascurare.

L'omo non rispeta la tera e la tera no rispeta l'omo
, l'uomo non rispetta la terra e la terra non rispetta l'uomo.
I proverbi dei nostri nonni hanno la garanzia di una scoperta condensata e sperimentata nei necoli.
Un profondo ringraziamento a tutti coloro che ci hanno lasciato questo prezioso tesoro di saggezza popolare attraverso le loro testimonianze.

 


GENNAIO


I mesi del'anno ascolta audio

E mi son Denàro fredo
e al foghéto m'ò tirado
e son tuto ingrotolado
e no posso pì dal gelo,
e mi son Denàro fredo.

 

 


Genaro suto: gran dapartuto.
Ci vole un bon aiàr, el pianta l'aio de genar.

Le gate le va in gataro verso i primi de genaro.
Genaro e febraro: i te impenisse o i te uda el granaro.

2 GENNAIO - San Bovo
A San Bovo se rompe el primo ovo (segno della ripresa della stagione agricola).

 


6 GENNAIO

L'Epifania tute le feste la porta ia.
L'epifania, rappresenta nella cultura della tradizione l'ultima festa del periodo natalizio in cui il Cristo viene presentato ai Re Magi come il sole nuovo che riprende il suo cammino.

A l'epifania o vento o falìa.
A l'epifania on passo de stria.
Epifania el pì gran fredo che ghe sia.

 

 


Brusar la stria con il falò
- Con le ramaglie raccolte dai campi si fa una grande catasta e sopra vi si impala un pupazzo (vecia,stria, befana). All'imbrunire del 6 gennaio si fa un falò bruciando la vecia che rappresenta l'anno vecchio, anche in segno di purificazione dagli influssi negativi dell'inverno. Col fuoco la terra torna ad essere fertile e produttiva. I vecchi affidavano la cenere o meglio le sginze, falive, al vento e in base alla direzione che queste prendevano si facevano le previsioni per come sarebbe stata l'annata agraria.

Falive a ponente, panoce gnente
falive a levante, panoce tante.

Quando el fumo el va a sol levà
to su la manza e va al marcà (anno di ristrettezze)
se el fumo el va a sera
bon ano se spera.

Se le sginze le va a matina
tol su el saco e va par farina (anno magro),
se le sginze le va a sera
meti su la caldiera (puoi farti la polenta quindi sarà un anno buono)
.


I ragazzi si divertivano in cerchio intorno al falò mentre le donne intonavano alcune cante e filastrocche:
"Bruielo, bruielo, la vecia col campanelo
bruielo, bruielo, brusa la coa del martarelo"
o ancora
"Bondì, bondì de l'ano, buon Capodano
buone feste, buone minestre
"

ascolta l'audio


17 GENNAIO - Sant'Antonio Abate

De Sant'Antonio el fa on fredo del demonio.


20 GENNAIO - San Sebastiano

San Sebastian col scaldaleto in man.

Spesso detti e proverbi sono contradditori, un esempio è proprio fra il dire che a San Sebastiano fa ancora freddo e serve lo scaldaletto e solo un giorno dopo, a Sant'Agnese, l'aria è già più calda tanto che le lucertole, notoriamente note per essere animali dal sangue freddo, appaiono lungo le siepi a scaldarsi al sole.


21 GENNAIO

A Sant'Agnese le lusertole le va par le sese (siepi).


25 GENNAIO - San Paolo dei segni

De le calendre no me ne curo, se San Paolo no 'l me guarda scuro.

 

 

Far le calendre ossia fare le previsioni delle precipitazioni per ogni mese dell'anno.
Si distribuiscono 12 camice di una cipolla, che si fanno corrispondere ad ogni mese dell'anno. Sopra ogni camicia si deposita un pizzico di sale grosso e si lasciano fuori dalla finestra per tutta la notte.
La mattina successiva si fa la diagnosi: dove il sale si è sciolto sarà un mese piovoso, dove il sale è rimasto integro sarà un mese siccitoso.
C'è poi anche un altro modo di fare le previsioni delle calendre ossia guardando l'andamento metereologico dei primi 12 giorni dell'anno che corrispondono in sequenza ai dodici mesi dell'anno, mentre dal 12 al 24 gennaio sono altri giorni che a ritroso corrispondono ai rispettivi dodici mesi dell'anno.

Era questa un'usanza a cui i contadini tenevano particolarmente, il timore e danno più grande per le famiglie di un tempo era un cattivo raccolto dalla coltivazione dei campi, che era una delle poche e principali fonti di guadagno e di sopravvivenza.

 

29 - 30 - 31 GENNAIO - I giorni della merla
La leggenda dei "giorni della merla" si perde nel tempo e riguarda gli ultimi tre giorni di gennaio, considerati, per tradizione, i più freddi dell’inverno.
Più di una sono le storielle che si raccontano, anche se molto simili tra loro…
Una di queste dice che una merla dal bianco piumaggio, stanca di dover sopportare i rigori e i dispetti di gennaio, un anno si nascose per tutto il mese, che allora aveva 28 giorni, nel suo nido al caldo…
Ma gennaio, indispettito, allo scadere del suo tempo non si dette pace, chiese tre giorni in prestito a febbraio e scatenò tormenta e gelo, tanto che la merla dovette abbandonare il nido e cercare riparo in un comignolo, da dove uscì il primo giorno di febbraio con tutte le piume nere di fumo.
Da allora tutti i merli divennero neri e gennaio non solo non restituì i tre giorni a febbraio, ma ogni anno si premurò di ripetere sul mondo il gran freddo di questi tre giorni della merla.

"Ti cica genaro che mi me fao el gnaro".

 


FEBBRAIO


I mesi del'anno ascolta audio

E mi son Febrar, che salda
no tien bota, Febrar curto,
e mi son mejor del tuto,
e quan'ò ciapà 'na calda,
de Febrar pi no 'se parla.

 

 

 

 

 

Febraro, febrareto, curto e maledeto.
De genaro e de febraro metete el tabaro.
Se pioe (piove) de febraro l'impenisse el granaro.
Ano bisèsto (bisestile), ano funesto.
Speta l'acoa de febraro dopo te savarè el guadagno.

2 FEBBRAIO
Ala candelòra el dì el se slonga de n'ora.

De la candelòra de l'inverno semo fòra,
ma se gh'è muvolo o seren ancora par quaranta dì ghe nem.

De la Madona de la Candelora de l'inverno semo fòra,
ma se pioe o tira vento de l'inverno semo rento.

A la serióla el sol el riva in ogni busola.

 

 

 

 


La candelò
ra

Le giornate hanno guadagnato ormai un'ora di luce e la luce della fiammella delle candele benedette accendono il cuore della terra per purificarla e renderla nuovamente fertile.
Il nome popolare Candelora, Serióla deriva dalla celebrazione sacra della benedizione delle candele ossia di offrire alla Madonna delle candele in cambio della purificazione. Le candele benedette vengono ben conservate in casa e utilizzate successivamente quando arriva un temporale violento per scongiurare fulmini e grandine.
Durante i forti temporali estivi che minacciano grandine e tempesta si suonavano le campane così che il loro suono rompesse il temporale e spargesse benedizione. I contadini che si trovavano nei campi depositavano a terra gli arnesi in forma di croce. Le donne uscivano in cortile accendevano le candele benedette il giorno della candelora e bruciavano l'ulivo benedetto la domenica delle palme.
La celebrazione della benedizione delle candele cade infatti dopo 40 giorni dal parto della Madonna e dalla nascità di Gesù (25 dicembre). Da questo deriva anche la consuetudine delle donne dopo aver partorito di rimanere in quarantia (quarantena) e di andare a farsi benedire in Chiesa prima di poter uscire ed essere riammesse a frequentare la comunità.


3 FEBBRAIO
- San Biagio
De San Biagio la tera la va a so àsio (si muove lentamente per mettersi al verso giusto).

San Biagio protettore della gola
Anche il giorno di San Biagio si torna in Chiesa con le candeline benedette il giorno della seriola (2 febbraio), per farsi benedire la gola da ogni malanno. Siamo in piena stagione di raffreddori e mal di gola.
Le donne trattenendo il respiro recitano questa "giaculatoria"
San Biagio da le nove sorele: nove, oto, sete, sie, cincue, coatro, tre, du, un, San Biagio l'è restà sensa gnanca un.

San Biagio invita inoltre a non avere fretta ed andare adagio. Pensiamo per esempio all'espressione: magnare in pressia se se strangola.
L'invito si allarga ad ogni altra situazione pensiamo per esempio al detto: de nare a so agio oppure il più noto: chi va piano va sano e va lontano.


5 FEBBRAIO - Sant'Agata

De Santa Gata se somena la salata (si semina l'insalata).


9 FEBBRAIO - Sant'Apollonia

A Santa Pologna la tera la perde la rogna.

Sant'Apollonia è la santa del dentin da late, del primo dente che cade. La santa addolcisce questo dolore con la promessa di un nuovo dente, el dente da pan, forte e resistente.
Secondo la tradizione basta mettere sotto al cuscino o dentro la cenere del focolare il dentino caduto e Sant'Apollonia nella notte verrà a prenderselo e in cambio vi lascierà un soldino.


14 FEBBRAIO - San Valentino

De San Valentin pol nar descalso el grando e anca el picenin.
De San Valentin se guerna l'ortesin.
Dopo San Valentin se monde sensa lumin.

24 FEBBRAIO - San Mattia
San Matia l'nverno el porta ia.
San Matia da le ponte, se la cata el giasso la lo rompe, se no la lo fa.

 


MARZO

 

I mesi del'anno ascolta audio

E mi son Marso dal vento,
la pelissa m'ò crompà
e me mama l'era là,
e mi adesso ghe la vendo,
e mi son Marso dal vento.

 

 

 

 

 

 




L'è marso che carga le montagne.
La neve marsolina, la dura da la séra a la matina.

Marso piovoso, fruteto generoso.
Se marso l'è suto ghe sarà gran dapartuto.
Marso suto e abril bagnà, beato ci à somenà (seminato).

 

 


Ciamar marso - La chiamata di marzo

Marzo si chiama, si bisogna andargli incontro, far rumore e chiamarlo per svegliarlo dal torpore invernale. L'ultima sera di febbraio e la prima di marzo hanno inizio le osade de marso, chiamato anche batar marzo, incontrar marso. Un giocoso e allegro benvenuto alla primavera risvegliata dai ragazzi del luogo battendo ogni oggetto che si ha a disposizione e che possa far rumore; trombe, fisarmoniche, ma anche bandoti, coperchi, campanacci, racole, cucchiai, accompagnati dalle grida di botta e risposta dei vari gruppi anche da una contrada all'altra. Tale usanza sopravvive ancora in alcuni luoghi del nostro territorio, per esempio a San Bortolo delle montagne, piccolo paese della Lessinia veronese.
Da un monte a l’altro o da una contrada all'altra, se osava (gridava) dandose bota e risposta e, un po' per scherzo, un po' seriamente, si accoppiavano giovanotti con giovinette, questi abbinamenti forzati a volte sfociavano in veri e propri matrimoni.
Ogni zona aveva la sua particolare versione, ma lo spirito era sempre quello, risvegliare la terra e gli amori dal letargo invernale.

 



Stiamo par entrar in marso, maridar na puta bela – e un altro gruppo rispondeva – Ci èla, ci no èla? – alora si diceva un nome, ma un nome vero di qualche ragazza che abitava in quella contrada e l'altro gruppo rispondeva – Ci ghe dénti par moroso? – El... (il nome di un ragazzo del paese) che l’è un bel toso – E par dota? – Na cavra morta tacà a na stropa.
Si andava avanti aggiungendo qualche altra frase e alla fine si concludeva combinando in maniera positiva l'accoppiamento dicendo: – Ghe la démo? – Dénghela– i rispondéa tuti in coro.

 

 


19 MARZO
- San Giuseppe
De San Bepo se tira ia la mónega e anca el scaldaleto.


21 MARZO - San Benedetto
Se toneda (tuona) prima de San Benedeto gh'è n'altro bel inverneto.
L'ovo (uovo) de San Benedeto el dura un ano perfeto.



APRILE

I mesi del'anno ascolta audio

E mi son Avril polìto,
qoel che fa fiorir la tera,
la salata e l'erba bela,
e fa ogni albaro fiorito,
e mi son Avril polìto.

 

 

 

 


Marso suto e abril bagnà, beato ci à somenà (seminato).
De april fiorisse anca el manego del badil (badile).
Abril abrileto, un dì fredo e un dì fredeto.
L'acoa de avril la impenisse el fenil.
Tri aprilanti, coaranta somiglianti.


Le rogazioni

Nei periodi di passaggio stagionale crescono fra i contadini le paure e le minacce del tempo, per questo alla fine del mese si celebrano le Rogazioni e si pregano i santi. Le candele benedette il giorno della seriola (2 febbraio) ora tornano utili per implorare la protezione contro i temporali tempestosi. La gente spera e prega nella bontà del tempo.
Le rogazioni sono preghiere, atti di penitenza e processioni propiziatorie sulla buona riuscita delle semine, sulla protezione divina del lavoro dei campi, per tenere lontane le calamità naturali che potessero nuocere alle colture (ghiacciate invernali, alluvioni o siccità) e per garantire un raccolto sufficiente a sfamare le famiglie. Le rogazioni sono la "preghiera del campo" contro i malanni e le disgrazie del tempo e contro la disgrazia ci vuole la grazia della protezione divina.
Le rogazioni si distinguono in "maggiori" nella giornata del 25 aprile e "minori" nei tre giorni che precedono la festa dell'Ascensione (40 giorni dopo Pasqua); il lunedì, martedì e mercoledì (in quanto l'Ascensione cade sempre di giovedì). Il percorso della processione, che prendeva inizio già alle 5-6 del mattino si poteva snodare per diversi chilometri ed era studiato in modo che tutto il territorio della parrocchia potesse, sia pure a distanza, essere coperto.
Il punto di partenza era sempre la chiesa parrocchiale, ma ogni giorno veniva seguito un percorso differente, che giungeva fino ad un punto prestabilito, un luogo significativo del territorio di quella parrocchia, spesso un capitello votivo. Durante la processione il sacerdote intonava le Litanie dei santi e quando si giungeva nei punti prestabiliti, la processione si fermava, il chierichetto alzava la croce e il prete rivolgendosi ai punti cardinali recitava le invocazioni delle litanie: a fulgure et tempestate, a peste, fame et bello, ecc. a cui la popolazione rispondeva: libera nos Domine.


23 APRILE
- San Giorgio
Par San Giorgio sòmena l'orzo.
San Giorgio viene invocato dal popolo come protettore dalla peste, lebbra, e dalle malattie infettive in generale.

25 APRILE - San Marco
Par San Marco voia o no voia se vede erba e foia.
Par San Marco i cavaleri (bachi da seta) o i è nati o i è persi.


Le pulizie di Pasqua....

Per Pasqua si puliva casa, si toglievano le ragnatele, si dava una mano di calce viva ai muri delle stanze e in cucina, si pulivano per bene le pignate e i rami (pentole in rame) e si pulivano le catene del camino, che dopo il lungo utilizzo invernale, erano ormai troppo piene di fuliggine che rischiava di cadere nel paiolo.
Questo ultimo compito era affidato ai bambini, che si divertivano a pulirle trascinandole in strada tra la ghiaia, magari in cambio di un soldino.


Par Pasqua a noaltri buteleti i ne daséa le cadene del camin e se godeino a menarle su e zó par la contrà. Zugando (giocando) se tirava 'ia tuta la caludene (fuliggine) che s'avéa tacà durante l'inverno coando el camin l'era sempre impissà.
Le strade no i era mia asfaltè, i era ingiarè e corendo come mati par meza giornata strapegandose sempre drio ste cadene che le saltava e le strissiava sul giarin, le portaino de ritorno a nostre mame o a nostre none che i era bele lustre.

 


Se no pioe sula palma, pioe sui ovi.
Se no pioe su l'olivela, pioe su la brassadela.

Se non piove la domenica delle Palme piove per Pasqua o il lunedì dell'angelo (pasquetta).
No gh'è vendri santo al mondo che la luna no la gà fato el tondo.

.


MAGGIO

 

I mesi del'anno ascolta audio

E mi son Majo dai fiori,
qoel che porta la girlanda,
rose e viole da ogni banda,
e che sa de mile udori,
e mi son Majo dai fiori.

 

 

 

 


Avril dai fiori e maio dai udori.

Maio con la corona in man, dugno con la messora (falce) in man.
Febraro dai venti, marso dai ati, abril dai spaenti, maio dai fruti.
Maio suto, gran da par tuto.
Chi dorme de maio, digiuna de setembre.
Genaro fa el pecato e maio la penitensa.


4 MAGGIO
- San Floriano
San Florian co' la spiga in man.

 

 


I fioretti alla Madonna

La devozione popolare dedica tutto il mese di maggio alla Madonna e alle rose recitando tutte le sere il rosario davanti al capitello della contrada.
Maggio è il mese mariano dedicato appunto alla Madonna che viene considerata la Rosa delle rose, fiore dei fiori, donna fra le donne.
Era consuetudine inoltre fare i fioreti a la Madona ossia imporsi un sacrificio quotidiano
. Soprattutto ai bambini veniva chiesto di fare ogni giorno un fioretto.
Perché avesse effetto occorreva rinunciare a qualcosa che gli piaceva molto per un certo periodo, deciso da loro stessi, e offrire questa rinuncia che comportava un po' di sacrificio alla Madonna.

 

 

canto Prostràti o Madre


Prostràti, o Madre, ai piedi
dell'ara tua, ci vedi,
nulla di più desìa,
quel cuor che a te si dà.
Prega, prega, prega per noi Maria,
siam figli tuoi, pietà.
Deh! Salva i figli tuoi,
Madre che tutto puoi,
del ciel tu sei la via,
che a Dio ci condurrà.
Prega, prega, prega per noi Maria,
siam figli tuoi, pietà.
Informatore: Gabriella Sometti (Illasi) ascolta audio



 

 


Processione di San Colombano
- Seconda domenica di maggio
Ogni anno dal 1836 a Illasi si rinnova il voto contro il colera scampato l'anno precedente. Dalla Chiesa parrocchiale di Illasi intorno alle ore 7,00 parte la processione che sale dal paese fin sul colle per poi scendere sul versante della Val Tramigna fino al santuario di San Colombano.
La processione è ancor oggi molto sentita e vi partecipano anche gli abitanti dei paesi limitrofi.
Davanti, a turno, c'è uno che porta la croce, dietro i chierichetti, dopo il prete, i ragazzi, le donne con la veletta in testa e gli uomini per ultimi.
Si procede tutti in fila pregando e cantando.
Il voto e la processione furono rinnovati ogni anno con impegno continuo e il contagio cessò.



 

 

 

20 MAGGIO - San Bernardino
Par San Bernardin spiga el grando e anca el picenin.
L'àcoa de San Bernardin la roba pan, oio e vin.


GIUGNO

I mesi del'anno ascolta audio

E mi son Dugno, che tàio
el formento, che 'l par oro,
e mi sudo e mi laòro
e mi son mador de Majo
e mi son Dugno che tàio.

 

 

 



Se el primo el ga el grugno (broncio) el lo tegne par tuto giugno.
De giugno la missora l'è in pugno.
Giugno con la falce in pugno.
Ci somena de otobre, mede (miete) de giugno.

Aprile la spiga, maio el mosto e a giugno el gran.


13 GIUGNO
- Sant'Antonio
Sant'Antonio del paneto fa che gabia on bon fromento.

Sequeri a Sant'Antonio
In tutte le case vi era un quadretto con l'immagine di San Antonio davanti al quale si pregava per la guarigione degli ammalati, per ottenere un aiuto nei bisogni ordinari e straordinari e per ritrovare le cose perdute. Se non ci si ricorda dove si è messo un oggetto, o se lo si è perduto, basta inginocchiarsi su una sedia e con convinzione recitare i sequeri (si quaeris miracula). Le nostre nonne li ricordano a memoria, anche se spesso in un latino storpiato.

15 GIUGNO - San Vito
Se pioe el dì de San Vio le sirese (ciliege) le fa el grio.

24 GIUGNO - San Giovanni Battista
A San Gioan el formento in man.

L'àcoa de San Gioani la guarisse tuti i malani.
Se pioe a San Doame fen e paia deventa luame.


La rugiada della notte di San Giovanni

La religiosità popolare fa coincidere la natività di San Giovanni Battista con il solstizio d'estate. La vigilia è un'attesa per un evento, la venuta del primo sole portatore di calore e di forza vitale. Le erbe medicinali raccolte all'alba acquistano uno speciale potere di guarigione, la rugiada di San Giovanni guarisce dalla scabbia e dai malanni della pelle, le donne che vi si bagnano le parti intime acquistano maggior fertilità, le coperte di lana lasciate fuori la notte di San Giovanni diventano immuni all'attacco di tarme (termiti) e altri bai.
La sera si accendono dei falò, come per altri solstizi o per l'epifania (6 gennaio) per bruciare l'erba cattiva, mentre l'erba di San Giovanni ha invece proprietà benefiche.
A Giazza, un paesino sui monti Lessini, vi è ancora oggi l'usanza di accendere la sera di San Giovanni 13 fuochi nella piazza, a simboleggiare i tredici comuni cimbri dislocati fra questi monti. I fuochi scacciano il maligno e danno forza agli umani e alla terra, fanno uscire le strie (streghe) dalle loro tane che si travestono da umani e vengono anche loro a ballare intorno ai fuochi.


29 GIUGNO
- San Pietro e Paolo
Par San Paolin tanto gran e poco vin.
Se pioe el dì de San Piero, l'ardiva la va in t'el caldiero.
Se te vol on bel zinquantin, semena prima de San Pierin.
San Piero el vien in barca (ossia è probabile che piova).


La barca de San Piero

Il temporale che solitamente avviene alla vigilia di San Pietro viene detto il "temporale de so mare (madre) de San Piero", ed è un temporale cattivo, pieno di fulmini, tuoni e spesso accompagnato da grandine. Questo perché San Pietro liberò sua madre che era stata condannata per la sua superbia all'inferno e San Petro la fece salire in cielo dove però lei fece un gran baccano come era sua abitudine.

 

 

La sera della vigilia del 29 giugno si prende una caraffa, per metà riempita d'acqua, ancor meglio se riempita con la rugiada della notte di San Giovanni Battista (24 giugno). All'interno della caraffa o di una bottiglia di vetro si mette un uovo sbattuto e lo si lascia tutta notte fuori nell'erba a prendere la rugiada de San Piero. La mattina dopo in base alla forma che l'uovo ha preso restando dentro alla caraffa si fanno le previsioni per come sarà metereologicamente il prossimo semestre.
Di notte infatti avviene la magia e dentro alla caraffa l'uovo si trasforma. La ciara de l'ovo la fa le vele e la balota la ciapa la forma de la barca de San Piero.
Se al mattino si è formata una bella barca la stagione sarà buona.

El botilion ben neto e ciaro,
me mama de acqua fin a metà la le impinava
e dopo, svelta,
la ciara de l'ovo la ghe molava.
Un bel scurlon e via ne l'orto,
e colegà in tera
fra un cor de salata e do foie de rava
el botilion el miracolo spetava:
che in quela note de magia
San Piero levasse su i remi e la velaria!

Poesia scritta da Annalisa Pasi (Verona, 1949)


Oltre a sperare nella "provvidenza" e alle previsioni legate a questi due santi (San Giovanni e San Pietro) il contadino vi univa anche le preghiere:
Duan Duan
benedime sto an
e voialtri San Piero
steme visin par on ano intiero.


Giovanni Giovanni
beneditemi questo anno
e voi San Pietro
statemi vicino per un anno intero.


LUGLIO

I mesi del'anno ascolta audio

E mi son Lujo che bato
el formento e la segàla
tuto el zorno stao ne l'ara
che dal sol divento mato,
e mi son Luio, che bato.

 


Luio suto, gran dapartuto.


14 LUGLIO
- Santa Toscana
La polvare de Santa Toscana da ogni mal la te risana.

I panetini de Santa Toscana
Ancora oggi per questa ricorrenza le donne residenti nel comune di Zevio preparano i panetini de Santa Toscana che portano poi a benedire in chiesa nel giorno della festa della loro Santa patrona. I penetini vengono poi consumati a piccoli bocconi durante l'anno quando si dovesse presentare qualche malanno.

22 LUGLIO - Santa Maddalena
De Santa Madalena la nosa (noce) l'è piena.
Se pioe a Santa Madalena ogni cisterna l'è piena.

26 LUGLIO - Sant'Anna
L'àcoa de Sant'Ana la invena la fontana.
Se piove el dì de Sant'Ana piove on mese e na setimana.
Par Sant'Ana el rondon (rondine) el se lontana.

29 LUGLIO - Santa Marta
De Santa Marta se taca el lume soto la napa (cappa del camino).

 


AGOSTO


I mesi del'anno ascolta audio

E mi son Aosto che pesca,
a la pesca ghe son sta
e m'ò tuto renfrescà
ò pescà un lusso e 'na tenca,
e mi son Aosto che pesca.

 

 

 

 

 

 

 

 



La prima àcoa de agosto la rinfresca el bosco.
Se pioe de agosto pioe oio, mel e mosto.

10 AGOSTO - San Lorenzo
San Lorenso dei martiri inocenti, piove dal ciel carboni ardenti.
San Lorenso gran calura e San Vincenso (22 gennaio) gran fredura, tuti du poco i dura.

16 AGOSTO - San Gioacchino e San Rocco
De San Gioachin se sente el primo frescolin.
A San Roco la rondine la taca a far fagoto.

24 AGOSTO - San Bartolomeo
De San Bartolomio ogni fruto l'è compìo (maturo).

 


SETTEMBRE


I mesi del'anno ascolta audio

E mi son Setembre, pieno
d'ogni sorta de li fruti,
maridève veci e puti,
stèghe sempre nel me seno,
e mi son Setembre pieno.

 

 



Setembre suto maùra ogni fruto.
Aria setembrina fresca la sera e fresca a la matina.
La luna de setembre pì de le altre la splende.

8 SETTEMBRE - Natività beata Vergine Maria
A la Madona la lucerna la torna bona.

21 SETTEMBRE - San Matteo
De San Matiè el cassador l'è in piè (inizio periodo della caccia).
De San Matio le giornade le torna indrio.
A San Matìo el bel tempo l'è finio.

29 SETTEMBRE - San Michele
De San Michel la castagna in te 'l sestel.

 


OTTOBRE

I mesi del'anno ascolta audio

E mi son Otobre, el mese
che empenir fa brente e tine
bianche, rosse e scarlatine,
e mi son Otobre, el mese
che de l'ano el fa le spese.

 

 

 

 


Coando otobre el se scurisse e el tona, l'invernada sarà bona.
A otobre el vin inte le doghe.
De otobre in cantina da la séra a la matina.

 

 

 

1 OTTOBRE - Santa Teresa
A Santa Teresa la lodola (allodola) in teda.

4 OTTOBRE - San Francesco
A San Francesco i tordi (pettirossi) i va de furia.

7 OTTOBRE - Santa Giustina
Santa Giustina masenina (termina la semina del frumento).
A Santa Giustina tuta la ua l'è marzemina (dolce, unva marzemina qualità uva nera).

11 OTTOBRE San Firmino di Uzes
A San Firmin somena el contadin.

16 OTTOBRE - San Gallo
Se pioe a San Gal pioe fin a Nadal.

18 OTTOBRE - San Luca
A San Luca le lodole le se speluca (si tolgono pelo per fare il nido).
A San Luca cava la rava e meti la suca.

28 OTTOBRE - San Simone
De San Simon se cava la rava e anca el ravisson.
Dopo San Simon no gh'è pì ne sita ne ton (finiscono i temporali).

 


NOVEMBRE



I mesi del'anno ascolta audio

E mi son Novembre straco,
tuto el dì son sta alla cassa
gò 'na fame che me massa
ò ciapà noma un leoràto
e mi son Novembre straco.

 

 

 



E mi son novembre alegro, quel che sposa le noisse e ghe fa passar le spisse,
vago pian perché son pegro e mi son novembre alegro.

A novembre co le foie casca cavéi e oie.


1 NOVEMBRE - I Santi

Ai Santi che 'l fromento el sia nei campi.
I santi i roersa el tempo.
Ai Santi se par boni aver pagà tuti quanti.
Par i santi ghe vol tabaro e guanti.
Dopo i Santi i prè i è de tuti quanti.

2 NOVEMBRE - I Morti
Se i santi i rompe el tempo, i morti i lo giusta.

11 NOVEMBRE - San Martino
San Martin l'è on bon pelarin.
A San Martin se marida (sposa) la fiola del contadin.
A San Martin castagne e vin.
A San Martin el mosto el deventa vin.
L'istà de San Martin la dura tri dì e on pochetin.
Quel che te vansi a San Martin menelo al molin.
A San Martin se vestisse el butìn, ma par Sant'Andrea (30 novembre) tuta la famea.

 

 


Fare San Martino
A San Martino si stipulano i contratti agrari o si confermano i vecchi patti, da questa data comincia infatti l'anno agrario. Un tempo sulle strade si notavano i carretti dei sanmartini ossia dei braccianti che dovevano fare i bagagli e cambiare casa, traslocavano da un paese all'altro o da una corte all'altra perché cambiavano padrone. Il contratto agrario infatti durava da un San Martin a l'altro.
Generalmente la sera dell'11 novembre il nuovo salariato era invitato a casa del padrone, così durante la cena ripassavano i patti stipulati. Quello del salariato era un lavoro davvero duro, non solo fisicamente, ma anche per le ingiustizie dettate dai padroni, da qui il proverbio "el pan del paron el gà sete groste e on groston".

San Martino di fatto è il santo e il protettore dell'anno agrario.
Ancora oggi nel comune di Tregnago l'11 novembre gh'è la Fiera de San Martin con bancarelle di ogni genere, ma fino a circa mezzo secolo fa, durante la fiera si vendeva anche il bestiame e si combinavano i nuovi contratti agrari. Importante in questo momento era il ruolo del sensaro (mediatore) che faceva appunto da intermediario fra il padrone e i laorenti. Il contratto veniva stipulato oralmente e siglato con una stretta di mano.


Oltre agli adulti venivano fatti contratti anche per i faméi (famigli), giovani ragazzi che dovevano lasciare la loro casa e i propri genitori per andare a lavorare presso chi stava economicamente meglio della sua famiglia in cambio di vitto e alloggio.
Fra gli anziani che abbiamo incontrato e intervistato abbiamo raccolto varie testimonianze di quando erano ragazzi e fra gli 8 e i 14 anni sono andati a fare el faméo. Per tutti è stata un'esperienza traumatica a causa dell'allontanamento dalla propria famiglia oltre che per il duro lavoro, ma per alcuni è anche andata bene trovando una nuova famiglia che gli ha voluto bene, insegnandogli un mestiere e potendo mangiare pane tutti i giorni invece della solita polenta.



 


18 NOVEMBRE - San Frediano
Par San Frediano la neve al monte e anca al piano.

21 NOVEMBRE - San Colombano
San Colomban el pol erghe la neve in man.
A la Madona de la salute se sposa le bele pute.

23 NOVEMBRE - San Clemente
A San Clemente anca i sordi i lo sente.
Par San Clemente l'inverno l'à messo on dente.
San Clemente fa male al dente.

25 NOVEMBRE - Santa Caterina
Par Santa Caterina el fa àcoa, neve e brina.
De Santa Caterina se tira fora la scaldina.
S'el fioca de Santa Caterina, par sete olte el ghe fioca insima.

30 NOVEMBRE - Sant'Andrea
De Sant'Andrea no gh'è da farse nissuna smaravéia.
A Sant'Andrea ciapa el mas'cio par la sea (setole), ma se te lo pol lassare prima de Nadal valo a copare.

 


DICEMBRE


I mesi del'anno ascolta audio

E mi son Dicembre in giasso,
che 'l fa batar tuti i denti,
ma i morosi i è contenti,
parché in stala i fa del ciasso,
e mi son Dicembre in giasso.

 

 

 



Dicembre prende e giugno rende.
La neve dicembrina par tri mesi la te confina.

De Santa Lussia (13 dicembre) na ponta de ucia,
de Nadal (25 dicembre) el passo de on gal,
de l'Epifania (6 gennaio) el passo de na stria,
de Sant'Antonio (17 gennaio) el passo de un demonio,
de San Bastian (20 gennaio) un'ora e on passo de can.

2 DICEMBRE - Santa Bibiana
Come el dì de Santa Bibiana, coaranta dì e na setimana (dura per tutto l'Avvento).

8 DICEMBRE - Madonna dell'Immacolata
De l'Imacolata sconinsia l'invernata.

13 DICEMBRE - Santa Lucia
De Santa Lùssia el fredo el crùssia (pungente).

25 DICEMBRE - Natale
Fin a Nadal come fredo no gh'è mal, ma dopo Nadal on fredo coral.
Nadal al fogheto, Pasqua al soleto.

 


Canti della Stella

Durante il periodo dell'avvento in Chiesa si celebra la novena con i canti delle laudi, la ritualità popolare contadina invece prevede i canti della Stella. Gruppi di ragazzi girano per le case e le contrade a cantare i canti rituali natalizi portando la lieta novella: è nato il Redentore. I cantori si sentono arrivare da lontano soprattutto se ad accompagnarli vi è una baga bergamasca, una cornamusa o qualche altro strumento musicale.
Uno dei ragazzi tiene in mano una grande stella costruita artigianalmente e sostenuta da un palo di legno. Passando di porta in porta ogni famiglia dona ai cantori quello che può come questua: un pezzo di salame, una fetta di formaggio, un po' di vino, del pane, un po' di farina, un tochetin de fogassa (focaccia dolce) così da poter avere tutti qualcosa da mangiare durante le feste natalizie.
Nei nostri paesi è ancora viva la tradizione di andare a cantare la Stella anche che se il tempo ne ha mutato il significato.


 


 

Fonti e informatori

La maggior parte di detti e proverbi riportati sono di nostra conoscenza e dei molti anziani che negli anni ci hanno passato il testimone di questa saggezza popolare. Per chi è in cerca di conferme o approfondimenti consigliamo la lettura di alcuni libri di seguito riportati.

Dal libro "Santi e contadini" di Dino Coltro - Cierre edizioni - 1994

Dal libro "I proverbi no' i è mati" di Ezio Bonomi - editrice La Grafica di Vago di Lavagno (VR) - 2009

Dal libro "La Moscarola" Editrice La Grafica di Vago di Lavagno (VR)- GBE Gianni Bussinelli editore, 2017


 

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Ultimo aggiornamento: novembre 2019

 

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